giovedì 23 gennaio 2014

BENVENUTI A WEIMAR

La politica italiana sembra una trottola impazzita: difficile affermare con certezza chi o cosa riuscirà a fermarla, e a mettere un po’ d’ordine nel convulso panorama attuale. Ci si affanna a decifrare alleanze, a cercare soluzioni all’impasse istituzionale, senza rendersi conto che verranno persi altri mesi per trovare un equilibrio precario che servirà, nel migliore dei casi, a varare una nuova legge elettorale. Superfluo, a questo punto, ricordare che sarebbe stato sufficiente un maggiore senso di responsabilità da parte dei partiti per evitare l’attuale paralisi. Senza passare per catastrofisti, non serve andare molto indietro nella Storia, per trovare esempi di una tale situazione di incertezza. L’humus politico, economico e sociale nel quale galleggia il nostro Paese è sempre più simile a quello della Repubblica di Weimar, noto esperimento di democrazia liberale iniziato nel 1919 in Germania e conclusosi nel 1933 con la nomina a cancelliere di Hitler. Senza dilungarci in merito (per un’analisi più approfondita degli eventi di Weimar si vedano i link in fondo all’articolo) è evidente che un insieme di fattori, sia esterni che interni, stanno creando le condizioni in Italia per una crisi definitiva della democrazia rappresentativa, favorendo così l’ascesa di forze dai chiari connotati totalitari, o meglio totalizzanti, che trovano terreno fertile di consenso nell’incapacità delle istituzioni tradizionali di rispondere alle esigenze dei cittadini. In questi giorni, molto è stato scritto e detto in merito a Grillo ed al suo movimento, frettolosamente bollati come fascisti e anche derisi da più parti. In realtà, tra una battuta e un’etichetta, sarebbe opportuna una riflessione più seria sui pericoli che potrebbero derivare da un’ascesa inarrestabile del Movimento 5 Stelle.

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Il grillismo – perché tale è la definizione corretta per il fenomeno – è un’evoluzione, si potrebbe dire quasi naturale, del concetto di totalitarismo nell’era di Internet. Fermo restando che non vi sono, ovviamente, caratteri di violenza – perlomeno non fisica, quella verbale invece abbonda – verso gli avversari, è tuttavia rintracciabile e palese il tentativo di identificare i cittadini con lo Stato e viceversa. L’ideologia grillina mira ad una purificazione totale del Paese, morale, economica e sociale, che va dalla volontà – giustificata – di spazzare via la vecchia classe politica, alla necessità di far adottare agli Italiani nuove abitudini e stili di vita considerati necessari per raggiungere l’armonia e il benessere comune. Si pensi, ad esempio, alla tanto decantata decrescita felice, pilastro del programma economico del Movimento 5 Stelle. In realtà, il centralismo democratico propagandato dal grillismo è il canto del cigno del Leviatano, nel quale il controllo sociale procede parallelamente all’adesione incondizionata ai dettami del Movimento. Aspetti che richiamano alla mente gli ideali del platonismo hegeliano, secondo il quale le coscienze individuali devono sottostare ad un’autorità superiore e moralizzante, ovvero quella dello Stato.
Dietro lo slogan “uno vale uno” si cela la spersonalizzazione dell’individuo e la sua totale abnegazione allo Stato. Il grillismo, infatti, non vuole sconfiggere il Leviatano, bensì plasmarlo a propria somiglianza: uno Stato etico dove trovano spazio i miti dellaredistribuzione della ricchezza, della giustizia sociale e dell’equità. Peccato che l’Argentina, uno degli esempi tanto cari ai grillini nei quali sono state applicate queste ricette, versi sull’orlo del default. Ma questi aspetti passano – colpevolmente – in secondo piano: il Movimento 5 Stelle sfrutta il senso di rivalsa e di rancore che per lunghi anni gli Italiani hanno covato verso le incancrenite istituzioni nazionali ed europee. Ed essi sono disposti a tutto, anche a credere nell’utopia, pur di avere una rivincita o una speranza alla quale aggrapparsi. Proprio come durante la Repubblica di Weimar, quando i Tedeschi, sfiniti dalla crisi del ’29 e soffocati dalle clausole eccessivamente punitive imposte dal Trattato di Versailles, si affidarono ad Hitler per ritrovare l’orgoglio perduto e rincorrere la chimera del benessere economico. E non è ardito affermare che molti cittadini europei considerano il fiscal compact come la versione moderna di quel Trattato.
Grillo ovviamente non è Hitler. Ma è un effetto collaterale, inevitabile, di una democrazia malfunzionante che non ha saputo – e voluto – riformarsi. La variabile non calcolata – e pesantemente sottovalutata dai partiti tradizionali – è stata la capacità che ha avuto il leader genovese di veicolare il suo messaggio di cambiamento radicale, plasmando il web a propria immagine e somiglianza. L’approccio usato, lungi dall’essere libero e dialogante, è quello in realtà di un grande “comitato centrale” – il blog – dal quale diffondere messaggi e stroncare qualsiasi critica. E’ nato così un mix di complottismo, revanscismo e collettivismo dove appaiono in perfetto equilibrio il Sessantotto italiano e un giacobinismo d’avanguardia. Da questa delirante religione civile possiamo aspettarci di tutto, magari anche la proposta di cambiare i nomi dei mesi sul calendario come avvenne nel corso della Rivoluzione francese. Il rischio concreto è che, alla prova parlamentare e magari di governo, prevalgano le utopie e i vaneggiamenti fobici alla Voyager su scie chimiche e chip sottopelle: Weimar è dietro l’angolo. E gli Italiani, senza rendersene conto, potrebbero trovarsi a giocare con aquiloni fatti di lire.

Tratta da : http://thefielder.net/07/03/2013/benvenuti-a-weimar/#.Upz2LU29KSP

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