Prendo spunto da una lettera riportata sul Carlino Rovigo di oggi
per esprimere la mia semplice opinione sulla autodeterminazione del Popolo Veneto.
L’autodeterminazione dei popoli (di qualsiasi regione, area, paese ….)
dovrebbe essere una conseguenza naturale della libertà individuale di ogni
cittadino.
L’autodeterminazione non significa autonomia, ma rappresenta un
percorso graduale che porta alla consultazione popolare per la scelta tra
autogoverno o controllo dello stato centrale.
Rappresenta un
percorso, che può portare o non portare all'autonomia.
Ha senso per la nostra Regione Venero avviare un percorso di
autodeterminazione? Dipende ….
Se per autonomia si intende passare da uno stato centralizzato
burocrate ad uno stato regionale altrettanto burocrate (come sta avvenendo ora
) non ha nessun senso. E’ tempo perso, è un inganno ai cittadini è una
pagliacciata.
Una vera proposta di autonomia può funzionare solamente se prevede :
- libero mercato in tutti i settori (sanità, scuola, servizi al cittadino, ecc…) o meglio condizioni paritarie tra pubblico e privato;
- tassazione chiara, diversificata ed autogestita (una tassa comunale, una regionale ed una nazionale); una tassazione a gestione locale crea competizione tra i vari enti locali (per intenderci simile al modello svizzero)
- politica non di professione
- oggi un politico di professione non fa altro che sfornare continuamente leggi, delibere, regolamenti, direttive, circolari, chiarimenti, bozze, linee guida, documenti programmatici, ecc….
- oggi il politico di professione se vuole esistere, deve scendere a patti con il burocrate pubblico altrimenti dura poco; che sia chiaro nelle regioni non comandano solo i politici comandano soprattutto dirigenti generali (nel bene e nel male).
- oggi il politico di professione parla, parla , gira, gira, promette, promette, ma soprattutto scende a compromessi per il semplice fatto che oltre alla politica non gli rimane altro che tornare al proprio posto di lavoro in aspettativa da qualche decennio ).
Un politico non di professione, potrebbe:
- essere libero dall'influenza dei dirigenti pubblici;
- approvare le linee guida politiche dei provvedimenti e consegnarli ai dirigenti generali per la loro applicazione;
- effettuare un corretto controllo sull'avanzamento dei provvedimenti attuati, stando dalla parte del cittadino;
- fare una politica disinteressata meno asfissiante;
- ma soprattutto essere fedele a degli ideali (giusti o sbagliati che siano) che lo possano guidare nelle scelte, e svincolarsi da quella deriva del compromesso che sono gli attuali partiti.
E bene precisare che in politica, il compromesso è importante ed
inevitabile; perché è l’unico strumento che può conciliare idee contrastanti. Ma,
il compromesso, deve essere il frutto di una cooperazione sociale di individui
liberi.
Ad oggi la figura per eccellenza che ricopre questo ruolo di "politico non di professione" è il Sindaco ed è su questo modello che ci si dovrebbe basare per ridefinire il futuro del nostro territorio.
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