giovedì 5 maggio 2016

Autodeterminazione del Popolo Veneto

Prendo spunto da una lettera riportata sul Carlino Rovigo di oggi per esprimere la mia semplice opinione sulla autodeterminazione del Popolo Veneto.
L’autodeterminazione dei popoli (di qualsiasi regione, area, paese ….) dovrebbe essere una conseguenza naturale della libertà individuale di ogni cittadino. 


L’autodeterminazione non significa autonomia, ma rappresenta un percorso graduale che porta alla consultazione popolare per la scelta tra autogoverno o controllo dello stato centrale. 
Rappresenta un percorso, che può portare o non portare all'autonomia.
Ha senso per la nostra Regione Venero avviare un percorso di autodeterminazione? Dipende ….
Se per autonomia si intende passare da uno stato centralizzato burocrate ad uno stato regionale altrettanto burocrate (come sta avvenendo ora ) non ha nessun senso. E’ tempo perso, è un inganno ai cittadini è una pagliacciata. 


Una vera proposta di autonomia può funzionare solamente se prevede :
  1.  libero mercato in tutti i settori (sanità, scuola, servizi al cittadino, ecc…) o meglio condizioni paritarie tra pubblico e privato;
  2. tassazione chiara, diversificata ed autogestita (una tassa comunale, una regionale ed una nazionale); una tassazione a gestione locale crea competizione tra i vari enti locali (per intenderci simile al modello svizzero)
  3. politica non di professione 
Quest’ultimo punto, seppur di difficile applicazione, lo ritengo importante per diversi motivi:
  • oggi un politico di professione non fa altro che sfornare continuamente leggi, delibere, regolamenti, direttive, circolari, chiarimenti, bozze, linee guida, documenti programmatici, ecc….
  • oggi il politico di professione se vuole esistere, deve scendere a patti con il burocrate pubblico altrimenti dura poco; che sia chiaro nelle regioni non comandano solo i politici comandano soprattutto dirigenti generali (nel bene e nel male).
  • oggi il politico di professione parla, parla , gira, gira, promette, promette, ma soprattutto scende a compromessi per il semplice fatto che oltre alla politica non gli rimane altro che tornare al proprio posto di lavoro in aspettativa da qualche decennio ).  

Un politico non di professione, potrebbe:
  • essere libero dall'influenza dei dirigenti pubblici; 
  • approvare le linee guida politiche dei provvedimenti e consegnarli ai dirigenti generali per la loro applicazione; 
  • effettuare un corretto controllo sull'avanzamento dei provvedimenti attuati, stando dalla parte del cittadino; 
  • fare una politica disinteressata meno asfissiante; 
  • ma soprattutto essere fedele a degli ideali (giusti o sbagliati che siano) che lo possano guidare nelle scelte, e svincolarsi da quella deriva del compromesso che sono gli attuali partiti.

E bene precisare che in politica, il compromesso è importante ed inevitabile; perché è l’unico strumento che può conciliare idee contrastanti. Ma, il compromesso, deve essere il frutto di una cooperazione sociale di individui liberi. 
Ad oggi la figura per eccellenza che ricopre questo ruolo di "politico non di professione" è il Sindaco ed è su questo modello che ci si dovrebbe basare per ridefinire il futuro del nostro territorio.


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