In questo post riporto alcuni scritti di Ludwig Von Mises sul socialismo e della sua impraticabilità. Questi scritti risalgono al scorso secolo e sono più che mai di attualità.
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L'impraticabilità del socialismo è la conseguenza
di ragioni di ordine intellettuale e
non morale. Il socialismo non può raggiungere il suo scopo perché in una società
socialista il calcolo economico è
impossibile. Perfino gli angeli, se fossero dotati solo di ragione umana, non sarebbero capaci di instaurare una
comunità socialista [S, 498].
Il socialismo non è fallito per resistenze
ideologiche, perché anzi l'ideologia
dominante è ancora oggi quella socialista. È fallito perché irrealizzabile. Ogni passo che ci allontana dal sistema sociale della proprietà privata dei mezzi di produzione riduce la produttività e quindi provoca miseria e indigenza [FSI, 150].
Il socialismo porterà il caos totale proprio se esso verrà applicato nella
più gran parte del mondo [S, 641].
La bancarotta intellettuale della dottrina socialista
non può più venire nascosta. Nonostante la sua popolarità
senza precedenti, il socialismo è spacciato. Nessun economista può ancora
mettere in discussione la sua impraticabilità.
L'accettazione delle idee socialiste è oggi la
prova di una totale ignoranza dei problemi fondamentali
dell'economia. Le pretese dei socialisti sono tanto vane quanto quelle
degli astrologi e dei maghi [S, 641].
Il socialismo è l'abolizione dell'economia
razionale [S, 150].
Il socialismo non è quel che pretende di essere. Non è la scelta avanzata di un mondo migliore e più bello, ma il distruttore di quel che migliaia di anni di civiltà hanno creato. Esso, non costruisce;
distrugge. La distruzione è effettivamente la sua essenza.
Non produce nulla, ma consuma soltanto quel che l'ordine sociale basato sulla proprietà privata dei mezzi di produzione ha creato. Poiché un ordine socialista della società non può esistere se non come
frammento di socialismo all'interno di un ordine che per il resto si fonda sulla proprietà privata, ogni passo verso il socialismo non può consistere che nella distruzione di quel che già c'è [S, 504].
È vero che per molti, forse per la maggior parte del suoi seguaci, il socialismo è oggi un articolo di fede. Ma
la critica scientifica non ha compito
più nobile di quello dí frantumare le false credenze.
Per proteggere l'ideale socialista dagli effetti devastanti di tale
critica, sono stati fatti di recente alcuni tentativi per migliorare la definizione comune del concetto di "socialismo". La mia definizione di socialismo, quale politica rivolta alla realizzazione di una società nella
quale i mezzi di produzione siano socializzati, è in accordo con tutto ciò che
gli scienziati hanno scritto sul tema. Affermo
quindi che occorre essere storicamente ciechi per non accorgersi che negli ultimi cento anni il socialismo
ha rappresentato solamente questo, e
nient'altro; e che è in questo senso che il grande movimento socialista è stato ed è socialista. Non
è tuttavia il caso di litigare sulla definizione! Se a qualcuno piace
chiamare socialista un ideale che conserva
la proprietà privata dei mezzi di produzione, libero di farlo! Un uomo è libero di chiamare cane un gatto e sole la luna, se gli fa piacere. Bisogna però
dire che il capovolgimento della
terminologia abitualmente usata, che tutti capiscono, non porta alcun
vantaggio e crea solamente malintesi [S, 37].
Non è vero che le masse chiedono
appassionatamente il socialismo
e che non esistono mezzi per resistere a esse. Le masse appoggiano il socialismo perché si fidano della
propaganda socialista degli intellettuali. Gli intellettuali, non
il popolino modellano l'opinione pubblica. È una giustificazione che
non regge quella degli intellettuali secondo cui essi devono cedere alle masse. Loro stessi hanno
generato le idee socialiste e hanno con esse indottrinato le masse. Nessun proletario o figlio di proletari ha contribuito all'elaborazione dei programmi interventisti e socialisti. I loro autori furono tutti di estrazione borghese. Gli esoterici scritti del materialismo dialettico, di Hegel, il padre sia del marxismo che dell'aggressivo
nazionalismo tedesco, i libri di Georges Sorel, di Gentile e di Spengler non vennero letti dall'uomo medio; essi non
influenzarono direttamente le masse. Furono gli intellettuali che li divulgarono. I leader intellettuali dei popoli hanno prodotto e diffuso gli errori che sono
sul punto di distruggere la libertà e la civiltà occidentale. Unicamente gli intellettuali sono responsabili dei massacri in massa che sono il tratto caratteristico
del nostro secolo. Solo loro possono invertire la tendenza e aprire la
strada a una risurrezione della libertà. Non le mitiche
"forze materiali produttive", ma la ragione e le idee determinano il
corso delle vicende umane. Senso comune e coraggio
morale sono ciò che è necessario per fermare la tendenza verso il
socialismo e il dispotismo [S, 646-647].
La gente non vuole il socialismo perché sa che migliorerà la propria condizione, e non rifiuta il capitalismo perché sa che è un sistema
pregiudizievole ai propri interessi. Gli uomini sono socialisti perché credono che il socialismo migliorerà le
loro condizioni, e odiano il capitalismo perché credono che li danneggi. Sono socialisti
perché sono acciecati dall'invidia e dall'ignoranza. Essi testardamente si
rifiutano di studiare economia, e respingono la devastante critica che gli economisti rivolgono ai
piani socialisti, in quanto ai loro
occhi l'economia, essendo una teoria astratta, appare come una semplice assurdità [MA, 53].
Quali che siano le nostre vedute sulla sua utilità o sulla sua praticabilità,
si deve ammettere che l'idea del socialismo è a un tempo grandiosa e semplice. Anche i suoi oppositori più decisi non saranno in grado di negarlo a un esame accurato. Possiamo dire, infatti,
che è una delle creazioni più ambiziose dello spirito umano. Il tentativo di erigere la società su una nuova base mentre si rompe con tutte le forme tradizionali di
organizzazione sociale il tentativo di
concepire un nuovo plano mondiale e di prevederela forma che tutti gli affari umani dovranno assumere nel futuro—questo è così magnifico, così ardito, che ha giustamente sollevato la più grande ammirazione. Se desideriamo salvare íl mondo dalla barbarie dobbiamo vincere il socialismo, ma non possiamo metterlo da parte
senza prestarvi attenzione [S, 72].
I sostenitori del socialismo si autodefiniscono
progressisti, ma essi esaltano un sistema che è caratterizzato dalla rigida
osservanza della routine e dalla resistenza a qualsiasi genere di miglioramento. Essi si dichiarano per la libertà, ma si propongono di sopprimere la libertà. Dicono di essere democratici, ma aspirano alla dittatura. Si
professano rivoluzionari, ma vogliono instaurare uno Stato onnipotente. Promettono la felicità del giardino dell'Eden, ma progettano di trasformare il mondo in un
gigantesco ufficio postale [B, 156].
S: "Socialismo" Rusconi 1990
FSI: "I fallimenti dello stato interventista" Rubettino 1997
MA: "La mentalità anticapitalistica" Armando 1987
B: " Burocrazia" Rusconi 1991
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