Prendo spunto da questo articolo uscito sul Carlino, per evidenziare
come l’amministrazione pubblica non potrà mai creare vero sviluppo in un
territorio.
Il solo fatto che sin dal 1963, l’obiettivo del Consorzio di Sviluppo era
di garantire il benessere e la crescita del territorio, mediante la
programmazione ed il coordinamento dello sviluppo economico sociale, la dice
lunga sull'utilità di questi enti.
L’alluvione del 1951, ha portato distruzione e povertà; ma soprattutto ha dato inizio all'interventismo statale, che ha segnato per sempre il Polesine ad area di serie B nel tessuto imprenditoriale del nord-est.
In questo blog ho da sempre evidenziato che il sottosviluppo di un territorio, è
mantenuto dal continuo interventismo economico dell'amministrazione pubblica.
“Sovvenzionando la povertà si genera la povertà, facendo l’elemosina ad un
povero lo condanniamo a fare l’elemosina per tutta la vota”.
Infatti, se un’impresa vuole fare un investimento nel Polesine la prima
domanda che si pone è:
“Riusciamo ad avere un finanziamento?”
Certamente, siamo area in via di sviluppo: ecco il contributo.
In questo modo la probabilità di finanziare imprese fallimentari è
molto alta.
Gli imprenditori hanno nei loro cassetti molteplici iniziative
imprenditoriali buone e cattive; che possono portare ad un guadagno o ad una
perdita. Va da se che i progetti migliori vengono sempre realizzati in quelle
aree sviluppate dove vengono garantite infrastrutture efficienti. Mentre nelle
“aree in via di eterno sviluppo” le attività a basso guadagno, se finanziate
con soldi pubblici, potrebbero apparentemente diventare buoni investimenti.
Non parliamo degli investimenti sulle infrastrutture territoriali; nel
2017 ci troviamo con reti internet lente, viabilità in cattivo stato di
manutenzione, aree artigianali frammentate ed in completo stato di abbandono, territori
bellissimi (es. delta del Po) con infrastrutture turistiche scarse.
Non serve altro.
Vediamo di seguito cinque principi che spiegano in via generale, come mai la gestione
pubblica, è di fatto più inefficiente di quella privata
condotta dalla cooperazione volontaria degli imprenditori in regime di libero mercato.
Principio della razionalità
della ignoranza.
Gli elettori, implicitamente o esplicitamente, si rendono conto che il
loro voto è irrilevante. Nelle elezioni la probabilità che il voto individuale
sia influente è quasi nulla. Questo dato di fatto cosa comporta? Semplicemente,
gli elettori non nutrono il sufficiente interesse per votare con la giusta
cognizione di causa. Il programma elettorale non viene approfondito, studiarlo
costa fatica mentre gli eventuali benefici sono spalmati su tutti quanti.
Quindi in base a cosa votiamo? Principalmente per ragioni emotive, viscerali,
di partito preso. Ne consegue che negli enti pubblici (in particolar modo in
quelli secondari) la spartizione di potere è evidente e le persone non
cambiano mai.
Azione dei gruppi privilegiati
di interesse.
Si tratta di gruppi ristretti di persone con interessi concreti, in
condizione di influire sul processo di decisione
politica al fine di ottenere concessioni particolari da chi governa. Questi
gruppi dispongono di tutti gli incentivi per mobilizzarsi e fare pressione sui
governanti. Cercano e ottengono privilegi, sussidi, aiuti, i cui costi vengono
spalmati sulla maggioranza silenziosa e passiva. La democrazia si converte
quindi in un movimento di lobby, gruppi privilegiati di interesse che, dietro
nobili cause quali il bene comune, inseguono benefici personali alla stessa
maniera del settore privato. In altre parole si socializzano i costi mentre i
benefici restano privati.
La rappresentanza democratica
non è vincolante.
I politici sotto elezioni promettono mare e monti, poi però fanno
sempre quello che vogliono, senza che i votanti possano intervenire e farci
qualcosa. Questi ultimi non possono reclamare nulla, non possono cacciarli se
non al termine del mandato, non possono fargli causa. I politici che non
conseguono quanto promesso in campagna elettorale si giustificano sempre
affermando che le circostanze e le condizioni economiche sono cambiate. La
verità è che il mandato politico non li vincola a fare ciò che era nel
programma elettorale.
Fallimento della gestione
pubblica dovuta a miopia temporale.
I politici nutrono interesse solo verso il turno elettorale successivo.
Gli imprenditori hanno un orizzonte temporale che va anche oltre la durata
della loro vita, essi lasciano l'azienda e le loro ricchezze agli eredi. Sono
lungimiranti. Il politico invece ha interesse a massimizzare il voto di domani
per poter continuare il proprio mandato. È lo stesso quadro
istituzionale a spingerli inevitabilmente verso una visione miope e ad
incentivarli verso comportamenti scorretti.
Assenza di incentivi per una condotta
efficiente.
I funzionari e i burocrati incaricati di eseguire i mandati dei
governanti non hanno alcun incentivo ad agire in maniera efficiente. Lo schema
normale che seguono e con il quale lavorano è il seguente: puntare sempre e
solo a spendere di più, ingrandire gli
uffici, avere più dipendenti al servizio. Essi non rispondono affatto al
criterio dei profitti e perdite, tipico dell’imprenditore in un libero mercato.
Non sono quindi in grado di guidare la loro azione in maniera efficiente. Imputano
sempre la loro inefficienza a una mancanza di risorse adeguate per poter
svolgere il loro lavoro. Questa è la ragione principale che porta alla
crescente megalomania dello stato e dei propri apparati. Esso crea tutti gli incentivi perversi affinché
i cittadini smettano di cooperare in maniera armoniosa. Quando si concede un
privilegio non lo si toglie più.
E’ lo stesso effetto causato dalla dipendenza ad una droga.
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